Dolore all’Inguine: scaccia via la Pubalgia
La pubalgia, o meglio il dolore all’inguine, del calciatore è una sindrome che nella maggior parte dei casi nel calcio è legato ad un sovraccarico ed eccessivo uso muscolare, e rappresenta circa il 13% di tutti gli infortuni di una stagione. Il giocatore lamenta dolore principalmente durante gli scatti, i cambi di direzione, i calci potenti, e manifesta una perdita di velocità e di potenza nella spinta.
Classificazione della pubalgia
In base alla storia clinica ed all’esame funzionale dell’atleta, è possibile classificare la pubalgia del calciatore in 3 tipi:
1) Dolore all’inguine anteriore, che a sua volta può essere correlato a diverse strutture:
-
- Adduttori
- Ileo-psoas
- Canale inguinale
- Sinfisi pubica
2) Dolore all’inguine laterale, correlato ad una patologia a carico dell’articolazione dell’anca, come entesopatia trocanterica o frattura da stress del collo del femore
3) Altre cause di dolore all’inguine negli atleti, come sport hernia o problematiche uro-genitali
Di questi tre tipi di dolore all’inguine, la tipologia di pubalgia più comune nel mondo del calcio è sicuramente quella causata da una infiammazione cronica a carico dei tendini dei muscoli adduttori: per questo motivo, individuare la struttura principale che causa la pubalgia permette di impostare un percorso riabilitativo mirato ed efficace.
Cause della pubalgia
Alla base del dolore all’inguine o pubalgia del calciatore ci sta principalmente una scorretta progressione dei carichi di lavoro e di allenamento che provocano un sovraccarico ed uno stress delle strutture muscolari, tendinee e ossee che avvolgono l’anca, l’articolazione più importante per eseguire i movimenti tipici del calcio come scatti e cambi di direzione. Entrando più nello specifico, alla base dell’insorgenza di un dolore all’inguine possono esserci diverse cause:
- Cambiamento dell’intensità degli allenamenti
- Alterazione anatomica di femore e articolazione dell’anca
- Gestione del riposo e dei tempi di recupero dal dolore non adeguata
- Stress psico-fisico del calciatore
- Variazione del ruolo in campo del calciatore
- Scarpini nuovi
- Superficie d’allenamento diversa dal solito
- Perdita od aumento non progressivo del peso corporeo
- Stati febbrili o infezioni recenti
- Riduzione delle ore di sonno notturne
- Lavori manuali extra-calcistici intensi
Diagnosi della pubalgia
La pubalgia nel calcio deve essere valutata in maniera molto attenta e scrupoloso per riconoscere il tessuto principalmente coinvolto: la difficoltà nella diagnosi del dolore all’inguine è dovuta alla presenza di una grande quantità di strutture anatomiche di diversa natura (muscolo, tendine, articolazione, osso, guaina, borsa, vasi sanguigni, nervi) concentrata in uno spazio molto ben delimitato e piccolo (immaginiamo un triangolo dove gli angoli sono composti superiormente dal pube, internamente ed inferiormente dagli adduttori e lateralmente dall’anca). La valutazione del dolore all’inguine o pubalgia nel calcio si basa principalmente su un esame funzionale, suddiviso al suo interno di test ben distinti:
- Palpazione manuale dei tessuti coinvolti (muscoli adduttori, psoas, retto addominale, canele inguinale, sinfisi pubica, grande trocantere)
- Valutazione della forza dei muscoli adduttori ed abduttori dell’anca
- Valutazione dell’elasticità dei muscoli adduttori ed extra-rotatori dell’anca
- Valutazione funzionale dei principali movimenti del calcio
In base all’esito dell’esame funzionale, può essere utile integrare la valutazione con un esame diagnostico specifico:
- La radiografia è spesso poco utile, in quanto anomalie sull’osso pubico sono comuni anche nei calciatori senza dolore, se non per indagare patologie dell’articolazione dell’anca e della colonna lombare
- L’ecografia è un esame molto utile per valutare il grado di infiammazione in caso di tendinopatia e tendinosi dei muscoli adduttori o psoas
- La risonanza magnetica viene indicata solo per approfondire una patologia intra-articolare dell’anca
Trattamento Riabilitativo della pubalgia
Il percorso riabilitativo cambia in base alla fase in cui si trova il calciatore che soffre di pubalgia e dolore all’inguine:
1) In una fase iniziale, l’atleta riesce a giocare senza problemi, lamentando solo un indolenzimento a livello inguinale che si riduce con qualche giorno di riposo. In questa fase, una terapia personalizzata basata su uno scarico muscolare mirato, su una terapia fisica strumentale per ridurre il processo infiammatorio e su un lavoro differenziato per gestire il sovraccarico, permette al calciatore di tornare ad allenarsi ed a giocare in 1-3 settimane
2) Se il sovraccarico non viene trattato, il calciatore comincerà a lamentare un dolore sempre più presente e intenso che scompare dopo il riscaldamento, ma che aumenta esponenzialmente a fine allenamento. In questa fase il percorso riabilitativo si baserà su scarico muscolare, terapie fisiche strumentali per modulare il processo infiammatorio ed evitare che si cronicizzi, ricondizionamento muscolare con esercizi specifici per migliorare le capacità di carico da parte delle strutture interessate e cessazione degli allenamenti fino a miglioramento del dolore: in questi casi, il calciatore può tornare a giocare in 3-6 settimane in base all’evoluzione di dolore e capacità funzionali
3) Se si cronicizza il dolore, il calciatore arriva al punto che non riesce più ad allenarsi e da avere dolore anche durante le attività di vita quotidiana, come sedersi, camminare, guidare la macchina, rendendo il recupero molto più lungo e complicato, che può durare fino a 3-4 mesi. Nella prima fase, il calciatore deve cessare gli allenamenti e concentrarsi sulla risoluzione del dolore e dell’infiammazione attraverso una terapia fisica mirata con onde d’urto e laserterapia ad alta potenza; nella seconda fase, il giocatore comincerà a stimolare la muscolatura delle gambe con cyclette, esercizi isometrici di rinforzo dei muscoli adduttori ed isotonici dei muscoli dell’addome, della schiena e dei glutei per stimolare il controllo e la stabilizzazione del corpo; nell’ultima fase, una volta che il dolore e l’infiammazione si sono ridotti, il calciatore comincia a stressare la muscolatura adduttoria con esercizi eccentrici e sport specifici ed a migliorare la tecnica di esecuzione dei movimenti che provocavano dolore durante gli allenamenti come accelerazioni e cambi di direzione. Seguendo questo percorso terapeutico, il calciatore riesce a tornare a giocare in 6-12 settimane in base alla cronicizzazione della pubalgia.
In caso di dolore all’inguine e pubalgia nel calcio, risulta quindi fondamentale gestire l’infortunio fin da subito: coprire il dolore con un farmaco anti-infiammatorio o con una iniezione di cortisone per riuscire a giocare una partita, espone il giocatore ad un infortunio più severo che lo potrebbe costringere a saltare molte più competizioni. Infatti, coprendo il dolore con i farmaci, il giocatore riesce ad allenarsi ed a giocare, continuando però a sovraccaricare il proprio corpo ed a peggiorare inesorabilmente la sua pubalgia.
In alcuni rari casi, se un percorso riabilitativo conservativo di almeno 3 mesi non dovesse risolvere il dolore, l’intervento chirurgico è l’unica soluzione per consentire al calciatore di tornare ad allenarsi ed a giocare senza dolore.
Prevenzione della pubalgia
Un corretto programma di prevenzione può ridurre di circa il 54% il rischio di soffrire di dolore all’inguine e pubalgia.
Se vuoi approfondire l’argomento, ti consigliamo di leggere l’articolo Pubalgia, sintomi cause e cure terapeutiche (fisioterapiaitalia.com)
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